STEM e gender, il doppio gap da cui l’Italia sta cercando di risalire

STEM e gender, il doppio gap da cui l’Italia sta cercando di risalireL’Italia è stabilmente nella parte basse delle graduatorie europee nel numero di studenti e laureati nelle materie STEM ovvero scienza, tecnologia, engineering e matematica. Un divario che si acuisce ancora di più, quando si guarda al numero di donne che scelgono di studiare all’università questo tipo di materie. Per definire una strategia che tenga insieme valorizzazione delle discipline STEM e gender gap, l’Associazione Italiana per la ricerca industriale – Airi ha organizzato il 12 maggio un webinar, che ha messo al centro questa doppia “migrazione culturale”.
È emerso come serva un maggiore coinvolgimento delle aziende, auspicato dalle stesse, nel dialogo con Università e enti formativi a tutti i livelli. Un lavoro vasto che passa anche dalla diffusione e dal potenziamento di nuovi enti come le Fondazioni Its, la cui riforma è in itinere.

“L’orientamento avviene ancora molto in famiglia, dove però non ci sono le competenze per scegliere, perché i genitori hanno frequentato scuole molto diverse da quelle di oggi” ha confermato Valeria Riva, Italy Human Resources – Talent Sourcing & Campus Management di STMicroelectronics. “Noi parliamo con scuole e università, vogliamo essere presenti per indirizzare la formazione. Ci troviamo di fronte, oggi, a talenti che hanno le competenze che cerchiamo, ma che comunque dobbiamo concorrere a formare in modo specifico e verticale. È in corso una vera e propria competizione tra imprese che hanno un fortissimo bisogno di competenze STEM, e che devono quindi trovare e attrarre giovani di alto profilo”. Sugli aspetti di gender gap la Riva aggiunge “La nostra popolazione aziendale è composta dal 20% di donne. Lo sbilanciamento è dovuto ai percorsi formativi di origine. Le aziende e anche la nostra devono ricercare competenze sempre nuove – ha sottolineato – ecco perché la formazione interna, è una nostra costante, rivolta anche verso chi è già in azienda”.

Collaborazione fra ricerca e impresa

“La collaborazione ricerca e impresa è essenziale. Noi svolgiamo un’azione di avvicinamento tra le conoscenze acquisite in Università dai ragazzi e le nostre esigenze e quelle delle aziende da noi supportate. Sviluppiamo progetti di tesi in collaborazione con le università ed a carattere fortemente applicativo, che facilitano l’inserimento nel nostro centro di ricerca o presso le aziende a noi collegate” ha raccontato Fabrizia Turchi, a.d. di Archa SrL.

La certificazione sulla parità di genere

Per colmare le differenze di genere, una norma recente invece esiste già, è la legge 162 del 2021 dal titolo ‘Modifiche al Codice di Pari Opportunità’. La legge rafforza la Relazione sul personale in un’ottica gender gap e rende sfidante per le imprese la certificazione di “parità di genere” che entra a far parte della gestione della qualità e che consente, in un’ottica premiale, di ottenere sgravi contributivi pari all’1%, con un plafond disponibile di 50 milioni di euro per il 2022. Il primo decreto attuativo (DPCM) è stato appena firmato dal Ministro Elena Bonetti, e già entro giugno le aziende potranno iniziare a lavorare per essere “compliance” a norma di Legge sulla parità di genere.
Uni – Ente italiano di normazione ha preparato sul tema una prassi di riferimento, scaricabile gratuitamente dal sito per ogni tipo di ente, dalle microimprese alla P.a. e alle Università. “E’ un lavoro cominciato un anno fa, il riequilibrio di genere è premiato anche dalla mission 5 del Pnrr – ha spiegato Elena Mocchio, responsabile Innovazione e Sviluppo di Uni – questo cambiamento non è una chimera. Abbiamo fissato 33 indicatori concreti, con cui misurarsi per una cultura aziendale, in cui la parità di genere sia una parte integrante, che vanno dalla governance alla gestione delle risorse umane, dalle politiche retributive fino all’impegno sulla genitorialità”. Per accedere alla certificazione, l’obbligo è di arrivare almeno al 60% della soglia degli indicatori. La valutazione sarà fatta da Enti certificatori riconosciuti da Accredia.

“Entro giugno le aziende potranno iniziare a lavorare sulla certificazione, quando tutti i decreti attuativi saranno in Gazzetta Ufficiale” ha anticipato Sara Morisani, direttrice di Airi. Analizzando la nuova certificazione per la parità di genere, la direttrice di Airi l’ha definita “di fatto obbligatoria, poiché consentirà alle aziende di accedere a fondi pubblici europei, nazionali e regionali e faciliterà l’accesso ai bandi di gara”. “E’ l’inizio di un cambiamento, decisivo per il Paese che sarà tale solo se si accompagnerà all’abbattimento del ritardo del nostro Paese nella diffusione delle materie STEM, su cui ci sono altre interessanti novità. Servono una maggiore multidisciplinarietà e rapporti più stretti con le imprese. In questa direzione va l’articolo 28 della bozza del decreto Aiuti, che prevede interventi in ottica di filiera” ha aggiunto.

L’orientamento scolastico

Un altro aspetto su cui occorre lavorare è l’orientamento anche in un’ottica di sostegno alle famiglie: la famiglia esercita un ruolo chiave, specie nella scelta della scuola secondaria, 2 studenti su 3 lo confermano. Solo 1 su 3, ha scelto in base ai percorsi di orientamento. Nella famiglia si palesa il gap generazionale ed esiste ancora un forte preconcetto culturale verso le materie scientifiche nel nostro Paese, che si acuisce quando riguarda le donne. Stefania Papa, Partner i People & Purpose, Deloitte, l’ha spiegato chiaramente: “In Italia la dimensione umanistica prevale, nel 2019 solo il 27% degli studenti era iscritto a facoltà di materie STEM e tra questi solo un quarto erano donne. Tutto questo, partendo dal dato che in Italia solo il 20% della popolazione è laureato”. Centrali sono i driver di scelta sui percorsi di formazione secondaria e universitaria. “Ecco perché dobbiamo coinvolgere maggiormente le aziende già in questa fase: 2 studenti su 5 studenti, e un occupato su tre, hanno infatti pensato di scegliere le discipline STEM, ma poi hanno cambiato idea. Esiste ancora una forte dimensione culturale, che premia lo sbocco verso materie umanistiche, una vera e propria distorsione che ancora caratterizza il nostro paese.

E questo nonostante le donne ottengano voti migliori e si laureino più in fretta. Addirittura, un intervistato su tre ritiene che le materie STEM siano più adatte agli uomini. Le ragazze nel 66% dei casi si dicono non interessate alle materie STEM, percentuale che scende al 59% negli uomini. Le ragazze credono, a causa di una percezione ancora molto radicata, di non avere un bagaglio di competenze coerente con le discipline STEM e pertanto decidono di intraprendere un percorso formativo umanistico. Non solo, il 24% delle ragazze ritiene addirittura di non essere abbastanza brava. “Invece il paese ha bisogno, e sempre di più avrà bisogno di loro e delle loro competenze” ha concluso la Papa.

Il Gender Gap

“Siamo molto impegnati sui temi del gender gap. Noi abbiamo elaborato il manifesto ‘Mind the STEM Gap’ nell’ambito del G20 che ha lavorato sul tema del women empowerment, un tema che ha valenza globale. Bisogna agire sul momento della scelta dell’educazione secondaria, informando anche le scuole, oltre a famiglie e ragazzi, su alcuni retaggi che non liberano i talenti” ha ribadito Gaela Bernini, Segretario generale, Fondazione Bracco. “E’ qualcosa che danneggia persone e aziende. Anche per questo abbiamo individuato sei principi: occhio agli stereotipi; modelli di comportamento; il linguaggio, pensiero critico; fiducia in sé; insieme, dappertutto”. Infine, Manuela Bacca, Human Resources Specialist, Fondazione Bruno Kessler, ha allargato lo spettro di osservazione al Gep, il Piano per l’uguaglianza di genere, necessario per accedere ai bandi europei. “Abbiamo affidato a una start up esterna la valutazione di carriere, retribuzioni e impegno interno. I dati hanno evidenziato delle criticità, con delle segregazioni orizzontali, con un terzo di presenza femminile, forte nell’amministrazione e nelle discipline umanistiche, ma scarsa altrove. Sono emersi anche problemi in chiave orizzontale, con le donne non presenti ai vertici. Abbiamo quindi identificato obiettivi e indicatori, dotandoci di un monitoraggio continuo e offrendo corsi di formazione” per arrivare a risultati in linea con le norme europee. Un obiettivo che l’intero Paese sembra voler cogliere nelle università e in Parlamento, nelle imprese e nei centri di ricerca.

Il ruolo di Airi

Queste sfide confermano l’impegno di Airi sul tema delle competenze STEM, con il lancio a fine maggio della seconda edizione delle Borse di Studio Renato Ugo, con oltre 25mila euro di premio alle migliori tesi industriali in ambito STEM. I vincitori saranno premiati durante la Giornata dell’Innovazione Airi, dedicata ai risultati dello studio Airi di prossima pubblicazione sui “Lineamenti delle nuove competenze Digitali e Green nella Ricerca e Sviluppo”.
“La Ricerca industriale italiana sta guardando al futuro dell’educazione e delle competenze” – spiega l’Ing. Lucio Pinto,  Vice Presidente Airi e coordinatore del Gruppo di lavoro Education, Giovani, Ricerca e Industria: “I nuovi skill saranno sempre più orientati al Digitale e Green, dovranno tenere conto della rivoluzione digitale e dell’economia circolare. Secondo lo studio Airi che presenteremo presto al pubblico, il valore sociale dell’innovazione responsabile inciderà profondamente sul lavoro nella Ricerca e Sviluppo, così che la formazione di manager, ricercatori e tecnici del futuro dovrà puntare verso nuove competenze ibride, cognitive ma anche sociali e laterali.”

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Per approfondire sulle attività svolte da Airi sulle competenze STEM

 

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